Oggi abbiamo il piacere di fare quattro chiacchiere con la regina di Facebook Ads: Veronica Gentili!
Come si può leggere sul suo sito: “da oltre 11 anni forma gli imprenditori e i Social Media Manager del domani”. È consulente Facebook Ads in AdEspresso e Hootsuite per clienti in tutto il mondo, ha un’Academy che conta più di 10.000 iscritti e tra i suoi clienti si possono citare alcuni dei brand nazionali e internazionali più importanti.
Le abbiamo fatto alcune domande e chiesto alcune curiosità a cui ha risposto in esclusiva per il Blog di Piano Social, quindi: buona lettura!
Ciao Veronica, innanzitutto grazie mille per il tempo che ci stai dedicando! Partiamo con una domanda su di te, per coloro che magari ancora non ti conoscono. Qual è stato il tuo percorso per arrivare dove sei ora?
Nel 2009 ho aperto un’agenzia di comunicazione con mio padre e nel 2011 mi sono laureata in Media e Giornalismo. Volevo lavorare nel mondo del marketing e proprio in quel periodo stava esplodendo Facebook nel mondo e soprattutto in Italia.
Fin da ragazzina ero appassionata di social media e quindi mi sono detta “perché non unire questa grande passione con quello che può diventare un business”.
Ho iniziato a studiare grazie a corsi soprattutto di matrice americana e online, perché in Italia non c’erano ancora molte opportunità. Ho ottenuto diverse certificazioni all’estero, come Hootsuite e Google Analytics, e poi con il tempo ho preso quelle di Facebook/Meta.
Contestualmente ho aperto un blog e ho iniziato a scrivere, per divulgare quello che imparavo, le mie prime esperienze, e soprattutto per fare networking in un panorama ben diverso da quello di oggi. Piano piano, dopo circa un anno e mezzo dall’apertura del blog, sono arrivati i clienti più grossi, le prime richieste di libri e partecipazioni ad eventi. Da lì la strada si è dispiegata da sola, io facevo quello che mi riusciva meglio: lavorare con un approccio molto pragmatico e orientato ai risultati e raccontare quello che sapevo fare.
Sei considerata uno dei maggiori esperti di Facebook Marketing in Italia. Molto probabilmente una domande che ti fanno spesso è “Facebook è morto?”. Sappiamo che non è così (se no non saremmo qui a parlarne!) ma senza dubbio sono cambiate molte cose. Quanto è cambiata la piattaforma da quando hai iniziato questo lavoro?
Facebook è cambiato tantissimo negli anni e non sarebbe qui se non fosse cambiato. Tanti lo vedono morto ma, dati alla mano, era e continua ad essere uno dei social media più utilizzati nel mondo e in Italia.
Sicuramente è cambiato il modo in cui lo utilizziamo perchè siamo in una fase più matura: inizialmente Facebook era uno dei pochi strumenti disponibili, scrivevamo e condividevamo moltissimo; ora ci siamo assuefatti ai social e abbiamo molta più scelta, con una “dieta mediatica” molto più variegata. Ne facciamo quindi un utilizzo più passivo dal punto di vista dei contenuti. Se chiedete ai vostri amici, millennial e non, quante volte entrano su Facebook, probabilmente vi risponderanno almeno una/due volte al giorno ma è molto probabile che non pubblichino qualcosa da mesi o anni.
Facebook è diventata una piattaforma orientata ai video e di grandissima informazione. Durante la pandemia, per esempio, le dirette non le facevano su Twitter o Instagram ma su Facebook.
Al tempo stesso è diventato uno spazio molto più abitato, e per un business è diventato molto più difficile attirare l’attenzione delle persone e i costi per clic non sono minimamente comparabili a quelli del 2012 (essendo basato su un meccanismo di asta, più sale la richiesta più salgono i prezzi).
Rimane però ad oggi, dati alla mano, una delle piattaforme più interessanti in cui trovare target audience per i brand e nelle quali fare advertising.

Consigli di provare ad ottenere le certificazioni Meta Blueprint a chi si approccia a questo mestiere? Se sì, quali?
Le certificazioni di Meta sono molto interessanti per due semplici motivazioni. In primis permettono di differenziarsi: in un mondo in cui rilasciano attestati di partecipazione a corsi di ogni tipo, se Meta attesta che hai le competenze per un determinato argomento ha un valore diverso.
Il secondo motivo è che il test è il più controllato al quale abbia mai partecipato.
C’è una grande attenzione: mi ricordo durante l’esame misi la mano davanti alla bocca e l’operatore mi chiese subito di toglierla, pensando stessi comunicando con qualcuno.
Ci sono diverse tipologie di certificazioni, io per esempio ho preso quella che mi interessava di più per il mio lavoro, quella di Media Buyer.
Ma ce ne sono varie – alcune più legate al community management altre alla strategia digital – quindi consiglio di valutare la certificazione in base all’ambito di specializzazione. Per inciso, i test non sono ancora disponibili in italiano, sono tutti in inglese, lingua assolutamente da conoscere e da saper comprendere nel nostro mondo.
Senza dubbio quando mi mandano un curriculum ed è presente una certificazione di Meta è un fattore differenziante.
Hai una lunga esperienza nel settore: come si è evoluto secondo te il rapporto delle aziende con i social? Sono più consapevoli dell’importanza di questi strumenti per il loro successo?
Sicuramente c’è più consapevolezza rispetto a qualche anno fa, ma c’è molta più richiesta e ovviamente molta più offerta nel mercato dei Social Media Manager.
La cosa che mi fa ridere è che io utilizzo le stesse infografiche che utilizzavo nel 2014 e funzionano ancora. È ancora necessario sottolineare alcuni aspetti, per esempio non fare errori base come mettere hashtag a caso, invitare la qualunque a seguire la pagina e comprare follower. Quindi è aumentata la richiesta, è aumentata l’offerta, ma non in tutti i casi è aumentata la consapevolezza.
In molti uffici marketing anche di aziende blasonate il Social Media Manager è il ragazzo più giovane, lo stagista che può fare più cose, e questa cosa è tremenda. Siamo ancora in una terra di nessuno in cui chiunque può improvvisarsi esperto, può millantare competenze. Un lavoro che ancora sembra facile. In realtà, rispetto a quando ho iniziato io, la complessità è realmente aumentata anche a livello di gestione delle svariate piattaforme e dei loro linguaggi. Era più facile prima quando si pubblicavano due video a settimana e dei link, ora c’è una complessità differente e non tutti lo comprendono.

Una domanda che si pongono spesso le imprese è: gestione interna o esterna del digital marketing? Oppure, una domanda che potremmo farti noi: è meglio un freelance, una piccola agenzia o una grande agenzia?
Non c’è una risposta giusta per tutti. È come chiedere “qual è la macchina migliore secondo te?”. La macchina migliore per una famiglia è un tipo di macchina, per un single che deve girare in città è un’altra, quella per un agente immobiliare che macina chilometri su chilometri magari è un’altra ancora.
Se si hanno, o si vogliono sviluppare, delle competenze interne si può puntare sull’assunzione e la formazione di persone adatte.
Questo è capitato anche a me: sono stata consulente per grossi brand italiani che avevano un team interno proprio per comprendere quale fosse la soluzione migliore per loro e aiutarli a strutturare una strategia.
È una scelta: c’è chi invece opta per un modello ibrido, per esempio gestendo interamente i contenuti ed esternamente la parte di advertising o di influencer marketing. Se non si ha nessun tipo di know how si può formare ed esternalizzare in un primo momento per poi internalizzare in futuro.
Questa scelta dipende da budget, obiettivi, tipologia e grandezza del brand.
Insomma, non c’è una ricetta facile e giusta per tutti: di fatto bisogna sempre bilanciare tra il budget, quelli che sono gli obiettivi e la strategia migliore per valorizzare quello che abbiamo.
A volte la ricetta è perfetta in quel momento e può cambiare nel corso del tempo.
Potremmo dire che l’importante è che il lavoro sia fatto bene, ma non sempre succede, anche quando si parla di grandi agenzie. Un esempio controverso degli ultimi mesi è stato Opentomeraviglia, che ha suscitato non poche critiche. Tu cosa ne pensi?
Quando è uscita la notizia su Opentomeraviglia e non c’erano ancora tutte le specifiche sugli “orrori” che erano stati fatti in questa campagna, la prima cosa che ho detto è stata “ragazzi diamoci tutti una calmata”. Si passa il tempo a criticare il lavoro degli altri senza averne le competenze. Quanti di quelli che hanno criticato questa campagna possono dire di aver gestito progetti grossi, con un Ministero, e conoscere il livello di complessità che comporta?
Siamo tutti professori quando gli altri sbagliano, la tipica sindrome dell’asino che mi dà fastidio.
È chiaro che in questo caso c’è stata una gestione assurda, come ce ne sono tante, e molti macro errori erano palesi. Ma non sappiamo, e non ci interessa sapere, cosa sia successo davvero. Ci fa riflettere però su un aspetto importante: avere un budget elevato e un gran nome non vuol dire necessariamente fare le cose bene, anzi a volte grandi budget sono gestiti da grandi incompetenti.
Impariamo, prima di giudicare e puntare il dito, a guardare cosa abbiamo fatto noi e se abbiamo competenze ed esperienze per giudicare. Altrimenti la critica costante al lavoro del prossimo non porta mai a crescere.
Vuoi parlarci di una strategia digital che hai curato recentemente e di cui vai particolarmente fiera?
Nell’ultimo periodo (ci farò un caso studio) ho avuto modo di entrare in contatto con il mondo degli artisti e delle persone dello spettacolo, con il quale non mi ero mai confrontata direttamente avendo sempre lavorato con brand e business B2B o B2C.
Nello specifico, con il progetto su questo personaggio – che chiameremo Miss X – ho avuto modo di raggiungere risultati strepitosi e avere la riprova che la visibilità organica su Facebook e Instagram non è morta ma è più viva che mai.
Ho preso in gestione i suoi canali – Facebook, Instagram e TikTok – che partivano da poche decine di migliaia di follower e abbiamo raggiunto nell’arco di due mesi circa 5 milioni di persone con 200 mila interazioni, senza budget.
È un progetto che ho gestito interamente io: dalla strategia alla pubblicazione alla gestione quotidiana dei contenuti. Per me, abituata sempre a fare “performance”, acquisizione contatti, vendita e advertising, è stato un progetto molto interessante perché ci dimostra che la visibilità organica non è assolutamente morta ma dobbiamo entrare nelle dinamiche degli algoritmi per ottenere risultati. E soprattutto, questo è un dato di fatto, più ci metti la faccia e più probabilità hai di amplificare il risultato.
Ci sono molti personaggi conosciuti in televisione o grazie ad altri canali che poi sui social non si sanno esprimere, e questo ne era un esempio. Miss x è un personaggio conosciutissimo ma partiva da pochi follower; attraverso una strategia di pubblicazione ben delineata – oltre il 95% dei contenuti erano video – abbiamo raggiunto questi risultati, senza investimento pubblicitario.
Che intervista ricchissima! Ringraziamo di cuore Veronica Gentili per il tempo che ci ha dedicato e con voi lettori ci vediamo al prossimo post blog!